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La natura

Valle San Leonardo

La natura

Ospita 134 specie vegetali e 328 specie animali tra cui uccelli, pesci, mammiferi, rettili, anfibi, farfalle e crostacei: un paradiso per gli amanti della natura

Vegetazione

Nelle valli da pesca, la sapiente mano dell’uomo regola la salinità e la torbidezza dell’acqua per favorire la vegetazione fanerogama sommersa

Nelle valli da pesca, la sapiente mano dell’uomo regola la salinità e la torbidezza dell’acqua, per favorire la vegetazione fanerogama sommersa (piante che hanno organi riproduttivi chiaramente visibili con la presenza del seme).
Si formano in questa maniera delle vere e proprie praterie subacquee che, a seconda della composizione del fondale e della salinità, possono ospitare diverse specie di piante. Dove la salinità è meno alta si estendono le praterie di Fieno di Mare (Ruppia cirrhosa) mentre in corrispondenza delle zone maggiormente salse cresce l’Erba Nana (Nanozostera noltii). Sono piante molto importanti perché consolidano i fondali, puliscono l’acqua, trattengono le particelle in sospensione e le sostanze organiche in essa disciolte: un accumulo eccessivo di queste potrebbe diventare dannoso per la valle e innescare fenomeni di anossia, cioè insufficienza di ossigeno nell’ambiente.
Queste piante inoltre costituiscono un prezioso nutrimento per gli uccelli acquatici, in particolare per gli anatidi, che basano la loro dieta invernale proprio sulla loro presenza, e per l’altra fauna valliva. Le praterie fanerogame marine rappresentano un ambiente unico nel panorama territoriale tanto da non aver corrispettivi simili presso le lagune costiere o altri ambienti analoghi.
Di notevole importanza sotto il profilo della vegetazione delle valli sono le parti di terra che emergono dall’acqua. Le barene e le “ponsaùre” sono isolotti piatti spesso modellati dall’uomo per favorire la circolazione idraulica interna ai laghi della valle, per creare discontinuità ai fondali e per fornire zone di riposo per le specie di interesse venatorio.
Assieme agli arginelli, realizzati per suddividere i diversi specchi d’acqua, esse ospitano una vegetazione molto importante, che si è adattata a vivere con alte concentrazioni di sale nel substrato e per questa definita come vegetazione alofila, ovvero amante del sale.
Le varie piante si distribuiscono secondo l’altezza della barena, la distanza dall’acqua e la tolleranza del sale nel substrato: le piante meno tolleranti si posizionano in prossimità dell’acqua, dove il sale è più diluito, mentre quelle che lo tollerano maggiormente si trovano sulla sommità, dove questo lo è di meno.
Qui troviamo l’annuale Salicornia (Salicornia veneta), l’Astro Marino (Tripolium pannonicum), l’Orecchia di Mare (Halimione portulacoides), la Sarcocornia Glauca (Arthrocnemum mascrostachyum), lo Statice (Limonium narbonense) e molte altre pregevoli specie.
Le associazioni di questo tipo sono gradite agli uccelli acquatici come sito riproduttivo.

Pesci

Le valli da pesca sono allevamenti estensivi di specie ittiche di elevato interesse commerciale, mantenute in uno stato semi naturale, senza alimentazione artificiale o somministrazione di altri prodotti

I pesci allevati, Orata (Sparus aurata), Branzino (Dicentrarchus labrax), Anguilla (Anguilla anguilla), Latterino (Atherina boyeri) e i Cefali, rimangono nelle acque della valle finché non raggiungono una giusta dimensione, vivendo secondo le proprie dinamiche naturali, mantenendo tutte le caratteristiche delle specie propriamente selvatiche, compresa l’attitudine alla migrazione. Il nome collettivo “cefali” (dal greco cefa che significa testa) raggruppa cinque specie diverse di pesci molto simili tra loro, anche se con abitudini diverse e diverse suddivisioni di carattere alimentare e commerciale: Mugil cephalus, Liza ramada, Liza saliens, Liza aurata, Chelon labrosus.

Nomi dialettali dei pesci di valle:

La Meccia o Volpina (Mugil cephalus), Il Caostelo o Caustelo (Liza ramada), la Verzelata (Liza saliens), il Lotregan (Liza aurata), la Bósega (Chelon labrosus), il Bisato (Anguilla anguilla), il Baìcolo (Dicentrarchus labrax).

 Accanto a questi, troviamo anche numerose piccole specie prive di valore commerciale, in quanto di dimensioni esigue, ma molto importanti sotto il profilo naturalistico. Troviamo, infatti, il Nono (Aphanius fasciatus), specie tipica delle acque lagunari e vallive più aperte, dotate di vegetazione algale, il Ghiozzetto di laguna (Knipowitschia panizzae) e il Ghiozzetto cenerino (Pomatoschistus canestrinii). Le ultime due specie, in particolare, sono endemiche delle zone umide costiere dell’Alto Adriatico, e in quanto tali, molto rare e localizzate. Si riproducono presso i fondali delle valli e delle lagune del Delta nascondendo le uova dentro gusci di conchiglie morte o altre strutture, e praticano le cure parentali alle uova.

Le valli che hanno un minor livello di salinità possono ospitare anche comunità ittiche tipiche delle acque dolci, come la Carpa (Cyprinus carpio), il Carassio (Carassius carassius), il Pesce gatto (Ameiurus melas), accanto ad altre specie tipiche della rete idrica superficiale dell’area del Delta.

Anatre

Sul finir dell’autunno, dopo un volo di quasi mille chilometri, le anatre arrivano nelle valli del Delta del Po. Sono uccelli migratori svernanti che scendono dal nord, dalla tundra e dalla taiga, aree semideserte che d’inverno diventano inospitali per le temperature troppo rigide, le poche ore di luce e la quasi totale assenza di cibo

La valle da pesca, per le anatre, rappresenta l’ecosistema ideale per soddisfare le esigenze di ognuna delle singole specie; per questo motivo si formano nelle valli stormi di migliaia d’individui, che rimarranno in valle per tutto l’inverno per tornare a riprodursi in primavera nel nord Europa.

Le anatre si dividono i due grandi gruppi: le anatre di superficie e le anatre tuffatrici. Al primo gruppo appartengono: i Fischioni (Anas penelope), i Germani Reali (Anas platyrhinchos), le Canapiglie (Anas strepera), i Mestoloni (Anas clipeata) e i Codoni (Anas acuta): sono le anatre di superficie, cosiddette perché non si immergono completamente e si nutrono filtrando l’acqua o al massimo immergendovi il collo. Queste prediligono le acque basse, anche salmastre, dei grandi laghi ricchi di “grisa” (Ruppia maritima),pianta acquatica dal tipico aspetto filiforme. Altre anatre di superficie, come le Alzavole (Anas crecca) o le Marzaiole (Anas querquedula), frequentano invece i piccoli canali tra i canneti ai margini della valle dove è più facile nascondersi.

Nelle valli da pesca troviamo anche grandi laghi profondi, con acque dolci o salmastre, che ospitano le anatre tuffatrici: le Morette (Aythya feligula), i Moriglioni (Aythya ferina), le Morette Grigie (Aythya marila), le Morette Tabaccate (Aythya nyroca) e qualche volta anche i Fischioni Turchi (Netta rufina) che a differenza delle prime riescono a immergersi totalmente e raggiungere i fondali per pescare molluschi, invertebrati o piccoli pesci, presenti in grande abbondanza nelle valli.

Le anatre di superficie e quelle tuffatrici si riconoscono fra loro per il modo in cui si alzano in volo: quelle di superficie possono alzarsi verticalmente, mentre le anatre tuffatrici hanno un decollo piuttosto goffo; devono infatti correre a lungo sul pelo dell’acqua, prima di riuscire a volare, e ciò è dovuto alla posizione delle zampe più arretrate rispetto alle prime, cosa che permette loro di nuotare con più facilità durante l’immersione.

Le anatre non frequentano le valli solo per svernare. Alcune specie vi trovano anche il luogo ideale per nidificare, come fanno i Germani reali e le Volpoche (Tadorna tadorna) che, sopra gli arginelli della valle ricoperti da vegetazione oppure in piccole cavità del terreno, depongono le loro uova per poi covarle.

Detti dialettali:

 “Fin a Nadale se spéna, dopo Nadale se pena” un detto usato dai cacciatori di valle per indicare i momenti propizi alla caccia: buoni fino a Natale, sempre più scarsi dopo quella data.

Nomi dialettali delle anatre:

Masorin (Germano reale), Pignòlo (Canapiglia), Sarsègna (Alzavola), Crècola (Marzaiola), Dasià, Asià (Codone), Ciòsso (Fischione), Fòfano (Mestolone), Magàsso  (Moriglione), Penacìn, Magassìn (Moretta), Brinon co (Moretta grigia), Risaròla (Moretta tabaccata).

Giganti di Valle

Fra le tante specie di uccelli che popolano le valli alcuni, per le loro dimensioni, sono più facilmente visibili e attirano maggiormente l’attenzione di chi frequenta questi ambienti

Appartengono all’ordine dei Pellicaniformes: trampolieri con zampe, collo e becco lunghi; uccelli di diverse famiglie; tarabusi, garzette e aironi della famiglia degli Ardeidi, che in volo ritraggono il loro lungo collo; cicogne della famiglia dei Ciconidi che invece lo tengono allungato e volano in alto; ibis e spatole della famiglia dei Threskiornitidi.

La più numerosa delle famiglie è quella degli Ardeidi.

Le specie più comuni sono la candida Garzetta (Egretta Garzetta) e l’Airone cenerino (Ardea cinerea), entrambi stanziali, a cui si uniscono d’inverno l’Airone bianco maggiore (Ardea alba) e il Tarabuso (Botaurus stellaris).

Durante il giorno è facile vederli, immobili nelle acque basse, mentre aspettano con la pazienza del pescatore le prede che arpionano col becco grazie ad uno scatto repentino del lungo collo.

Nelle aree alberate, ai margini delle valli, si formano le “garzaie”, colonie di aironi di varie specie, che comprendono anche la Nitticora (Nycticorax nycticorax), la Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides) e l’Airone rosso (Ardea purpurea) che invece  arriva in primavera e si unisce agli altri per la nidificazione.

Il Mignattaio (Plegadis falcinellus) e la Spatola (Platalea leucorodia) sono invece più attivi nella ricerca del cibo che effettuano in acque basse e fangose. Il Mignattaio prende il nome dalle “mignatte”, nome arcaico delle sanguisughe, che insieme con altri invertebrati acquatici fanno parte della sua dieta.

È invece la forma particolare del becco che dà il nome alla Spatola che, con passo lento, muovendo ritmicamente il largo becco a destra e a sinistra, sonda l’acqua e il fondo alla ricerca di prede. Quando queste toccano la parete interna del becco, particolarmente sensibile, esso si chiude istantaneamente, intrappolandole.

Da oltre vent’anni si incontrano nelle valli numerose colonie di Fenicotteri (Phoenicopterus roseus): belli ed eleganti, chiassosi e ballerini, sembrano danzare nelle acque basse; in questo modo rendono più fluido il fango prima di filtrarlo col becco che, munito di speciali lamelle, riesce a trattenere i microrganismi e i piccoli crostacei di cui si nutrono. Il fatto però di questo fango reso più fluido può essere negativo per il pesce come quando con la bora si forma la torbiera (il fango del fondo si alza intorbidendo l’acqua) che posandosi sulle branchie del pesce lo soffoca.

Ittiofagi

L’avifauna della valle è composta in gran parte da uccelli che si nutrono di pesce: molti sono onnivori e il pesce costituisce una porzione della loro dieta quotidiana; altri invece si nutrono esclusivamente di pesce

Tra gli onnivori troviamo le anatre, gli svassi, gli aironi, i gabbiani ed i rallidi. Tra loro c’è chi gradisce, oltre al pesce, erbe e sementi, oppure crostacei molluschi e gasteropodi; ma anche nutrirsi, come nel caso degli aironi,  di anfibi rettili e piccoli mammiferi.

Quelli che invece si nutrono prevalentemente di pesce sono detti ittiofagi e per pescare usano tecniche sorprendenti. Spettacolari i tuffi dall’alto di Sterne, Martin pescatori (Alcedo atthis) e Fraticelli (Sterna albifrons), capaci di restare sospesi per aria, battendo velocemente le ali: questa tecnica, chiamata dello “Spirito Santo”, serve per individuare le prede in acqua, che questi uccelli catturano sfruttando il loro becco “specializzato”. Il Falco Pescatore (Pondion haliaetus) invece, che pesca con la stessa tecnica, sfrutta i suoi potenti artigli per catturare le prede.

Le specie ittiofaghe per eccellenza sono il Cormorano (Phalacrocorax carbo) e il più piccolo Marangone minore (Phalacrocorax pygmeus); il Cormorano, in particolare, ha grosse zampe, con grandi membrane che gli consentono una potente spinta sott’acqua, dove può pescare raggiungendo addirittura la profondità di 6 metri.

Adattabile sia all’acqua dolce sia a quella salata, il Cormorano ha penne permeabili e per questo motivo trascorre molto tempo con le ali aperte al vento o al sole per asciugarsi; ma il Cormorano è soprattutto un abilissimo cacciatore. La sua capacità predatoria è agevolata dal fatto di essere una delle poche specie in grado di muovere gli occhi, così per l’esemplare è più facile catturare una grande varietà di pesci, che ingoia interi una volta portati in superficie. Per questi motivi, nei paesi asiatici, il Cormorano viene utilizzato come strumento di pesca.

Uno studio effettuato nel Delta del Po (Volponi, 1997) riporta dati che indicano per ogni capo una dieta di 350-500 grammi di pesce al giorno. Negli ultimi anni i Cormorani e i Marangoni minori sono diventati particolarmente numerosi nel Delta del Po, soprattutto nel periodo invernale, tanto da essere diventati una vera e propria minaccia per l’allevamento del pesce e per la sopravvivenza stessa della pesca nelle valli.

Limicoli - Sternidi - Laridi

I limicoli, letteralmente “gli abitanti del fango”, sono un gruppo di uccelli acquatici che hanno sviluppato una serie di adattamenti che permettono loro di vivere nelle acque basse con fondali fangosi, dove catturano gli invertebrati di cui si nutrono grazie a becchi di foggia e lunghezza diverse

 

Molti di questi uccelli svernano o si riproducono negli ambienti vallivi, altri invece li frequentano per riposare e alimentarsi durante le lunghe migrazioni che li portano dalla tundra artica alle coste dell’Africa meridionale. Tra le specie che si possono trovare nei biotopi vallivi, vale la pena di menzionare senza dubbio il Cavaliere d’Italia (Himantopus himantopus) elegante uccello dal corpo bianco e nero e lunghe zampe rosse che nidifica tra le salicornie perenni, l’Avocetta (Recurvirostra avosetta) dal tipico becco rivolto verso l’alto e specie-obiettivo del progetto LIFE “Natura 2000 in the Po Delta”, come anche il Fratino (Charadrius alexandrinus) piccolo e raro limicolo che nidifica su isolotti privi di vegetazione, mimetizzando le uova tra conchiglie e altri detriti.

Altre specie importanti, anche se non elencate tra gli obiettivi del progetto, sono la Beccaccia di mare (Haemantopus ostralegus), che si nutre di molluschi bivalvi forzandone il guscio con il potente becco di colore arancio acceso a forma di scalpello, e la Pettegola (Tringa totanus), vocifero limicolo che nidifica presso gli isolotti ricoperti da vegetazione alofila.

Sternidi e Laridi: a queste due famiglie appartengono numerose specie-obiettivo del progetto LIFE “Natura 2000 in the Po Delta”, che nidificano proprio presso i biotopi vallivi, dove la gestione antropica crea le condizioni favorevoli alla riproduzione. La Sterna comune (Sterna hirundo), il Fraticello (Sternula albifrons) e la Sterna zampenere (Gelochelidon nilotica) sono specie che costituiscono cospicue colonie, anche di centinaia di coppie nidificanti, presso questi ambienti, su barene e arginelli artificiali, e si alimentano negli specchi acquei cacciando piccoli pesci e invertebrati, tuffandosi sotto il pelo dell’acqua. Si tratta di migratori di lungo raggio, dotati di ali lunghe e sottili, atte a compiere lunghe traversate. Anche il Gabbiano corallino (Ichthyaetus melanocephalus) è un’altra specie obiettivo del progetto, ed è riconoscibile per il cappuccio nero e le zampe e il becco di un bel rosso corallo. Frequenta le valli da pesca, formando anch’esso, nella tarda primavera, colonie riproduttive composte da centinaia di coppie.