Valle San Leonardo tra passato e futuro
Le valli da pesca sono bacini di acqua salmastra e poco profonda chiusi da argini, l’arginatura, “vallum”, con la quale l’uomo chiudeva le lagune. La differenza tra una valle e una laguna sta proprio nella possibilità dell’uomo di regolare l’immissione e l’espulsione delle acque, siano esse salate o dolci, per la gestione delle varie attività tipiche.
Le valli del Delta del Po, di origine alluvionale, rappresentano un ambiente di transizione perché costituiscono uno dei passaggi necessari per la “costruzione” di questo territorio che ha visto il mare diventare terra.
In questo lento processo di costruzione del territorio le valli da pesca rappresentano il migliore esempio di interazione tra uomo e ambiente, un esempio del “sapere” umano che si adatta alla mutevolezza del Delta. Il risultato di questa interazione è un paesaggio che si presenta come una meraviglia della natura ma che in realtà è tale solo grazie al lavoro dell’uomo: un ecosistema di straordinaria importanza e bellezza dove convivono vaste comunità vegetali e animali, in un ambiente unico.
Di proprietà della stessa famiglia da quattro generazioni, è uno scrigno prezioso di biodiversità, storia, tradizioni e cultura.
Lo stato attuale della Valle, di origine alluvionale, venutosi a formare nei secoli dopo la rotta di Ficarolo (1152) e il taglio di Porto Viro (1550), operato dalla Serenissima del Sabbadino, è stato in costante trasformazione prevalentemente per opera dell’uomo fino al 1951-1970, quando iniziò il fenomeno della subsidenza, ovvero l’abbassamento del suolo di quasi due metri dovuto alla massiccia estrazione dal sottosuolo di gas metano.
Questo fenomeno ha stravolto il sistema di funzionamento idrico delle valli, che si basava dapprima sulle maree e che ora dipende dal pompaggio delle idrovore nel consorzio di bonifica.